Il primo giorno di scuola di Roberta

La denuncia dell’associazione “Nessuno è Escluso”: “Gli studenti con disabilità non hanno la certezza della frequenza per tutto l’anno scolastico. Devono vivere alla giornata”

Marco deve frequentare la quinta elementare in una scuola paritaria, ma il dirigente scolastico ha messo in discussione la sua iscrizione, adducendo l’incapacità e la mancanza di competenze dei docenti che dovrebbero seguirlo in classe. Cristian, invece, pur essendo sordo profondo, dispone di un assistente alla comunicazione per appena 10 ore a settimana a causa di presunti problemi finanziari addotti dall’amministrazione comunale. C’è poi Alessandro, che rischia di non poter andare la scuola per via della mancata assistenza infermieristica di cui ha costantemente bisogno e senza la quale la sua presenza in classe diventa impossibile. Marco, Cristian e Alessandro sono tre nomi di fantasia, ma le loro storie sono vere. E sono solo tre dei numerosi casi seguiti negli ultimi mesi dall’associazione di volontariato “Nessuno è Escluso”, che ha fatto della frequenza scolastica delle ragazze e dei ragazzi con disabilità gravi o gravissime uno dei suoi principali cavalli di battaglia.

“La frequenza scolastica rappresenta un diritto costituzionalmente sancito, che oltretutto è anche un obbligo”, scandisce Fortunato Nicoletti, vice presidente di Nessuno è Escluso, associazione nata a Milano nel 2020 per sostenere le famiglie che convivono con una disabilità grave o gravissima. “La scuola costituisce, o meglio dovrebbe costituire, il primo luogo (e a volte l’unico) di relazione, socializzazione e inclusione. Invece risulta spesso completamente inaccessibile per i nostri figli: o perché gli edifici sono strutturalmente inadeguati o perché mancano le figure di accompagnamento, sostegno, supporto e assistenza”.

Fortunato e la sua famiglia vivono in prima persona il dramma di un’inclusione scolastica che spesso rimane tale soltanto sulla carta. Roberta, la loro figlia minore, è nata con una malattia ultra-rara, la displasia campomelica acampomelica, di cui rappresenta l’unico caso noto in Italia. Nel momento in cui scriviamo, la piccola, che ha compiuto sei anni, ha fatto il suo ingresso in prima elementare, ma il suo futuro scolastico è avvolto nell’incertezza. “Con l’iscrizione a scuola, qualunque studente ha la sicurezza della frequenza per tutto l’anno scolastico”, chiarisce il papà in un post sui social. “Gli studenti con disabilità e le rispettive famiglie, invece, devono vivere alla giornata, non sono loro a decidere se e quando poter frequentare, ma è l'assessore di turno, il dirigente, l'ufficio scolastico, perché non c'è mai tutto ciò che serve, che poi è tutto quello che la legge prescrive”.

Il caso di Roberta è emblematico. Nonostante lo sforzo della scuola “Ilaria Alpi” di Milano per garantire un ambiente accogliente e funzionale sotto il profilo umano, professionale e logistico, la piccola ha bisogno di una costante assistenza infermieristica anche durante l’orario scolastico. Al momento, però, l’Azienda Socio Sanitaria Territoriale della Regione Lombardia non garantisce quell’assistenza continuativa di cui Roberta avrebbe bisogno, rischiando di rendere la sua frequenza scolastica incerta e saltuaria. Per Roberta, inoltre, è stata appena costituita una Commissione ad hoc – riferisce suo padre – con il compito di stabilire se potrà frequentare la scuola per l’intero orario scolastico, che è di cinque ore al giorno. “I bambini vanno a scuola tutto l’anno e restano a casa solo quando sono malati”, è il commento amaro di Fortunato Nicoletti. I bambini con disabilità, invece, non hanno lo stesso diritto: spesso restano a casa anche senza febbre”.

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